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Bologna Estate racconta #1

Archiviozeta racconta VISTA PARADOX il nuovo progetto per la città

Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti raccontano VISTA PARADOX il nuovo progetto per la città di Archiviozeta.

Spettacoli teatrali in un ospedale? Un connubio inusuale, più unico che raro, eppure Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti, direttori artisti e registi della compagnia archiviozeta, hanno colto questa sfida.

In continuità con l’esperienza di inosservanza realizzate negli anni passati a Villa Aldini, da gennaio 2024 hanno portato la loro residenza artistica all’Istituto Ortopedico Rizzoli.

Da maggio fino a settembre sono in programma letture, visite, incontri e spettacoli itineranti che intrecciano arte e scienza, ispirati ai grandi della letteratura, da Thomas Mann a Dino Buzzati.

L’hanno chiamato VISTA PARADOX, un lavoro culturale incentrato sullo sguardo e sulla parola, che gioca con gli spazi dell'Ala monumentale dell’Istituto, oltre al parco di San Michele in Bosco e Parco Remo Scoto, luoghi dall’alto valore artistico ricchi di inganni uditivi, trompe-l'œil e illusioni ottiche.

Li abbiamo raggiunti per farci raccontare qualcosa di più.


Da gennaio di quest'anno avete la vostra nuova sede artistica e organizzativa proprio all'interno dell'Istituto Ortopedico Rizzoli. Perché avete scelto questo luogo? Com'è andata in questi primi mesi?

Diciamo che è stata una scelta reciproca; dopo aver lasciato Villa Aldini che ora è in fase di restauro, eravamo alla ricerca di un altro luogo particolare dove portare avanti i nostri progetti teatrali e culturali visto che da molti anni la nostra peculiarità è proprio quella di lavorare in luoghi non teatrali e confrontarci con lo spazio e l’architettura.

È stata una coincidenza fortunata che ci ha portato a incontrare e iniziare un dialogo con la direzione generale del Rizzoli che appunto cercava qualcuno che fosse in grado di valorizzare artisticamente, culturalmente e poeticamente la meravigliosa Ala monumentale di San Michele in Bosco.

In questi primi mesi è stato sicuramente complicato inserirsi all’interno della vita di un luogo complesso come un ospedale importantissimo a livello internazionale e formato da molte anime. Abbiamo cercato di farlo in punta di piedi e con molto rispetto. È un’esperienza bellissima e crediamo che possa riservarci molte sorprese.

Questo luogo prevede anche di venire a contatto con un pubblico diverso dal solito: dal personale medico ai pazienti. Ci raccontate qualche incontro speciale in questi mesi che vi ha colpito o qualcosa che non vi aspettavate di trovare.

Sia nella fase di progettazione che durante le prove siamo entrati in contatto con le diverse anime dell’ospedale Rizzoli: con alcuni medici e ricercatori abbiamo messo in piedi parte dei progetti che troveranno luogo a settembre all’interno del calendario di VISTA PARADOX. Durante le prove invece è stato molto bello vedere come pazienti e familiari, personale e turisti si soffermavano a guardare le prove stupiti della nostra presenza e piacevolmente sorpresi.

Tutto questo è incredibile e forse siamo pionieri di un nuovo modo di prendersi cura delle persone. Una compagnia teatrale che ha sede in un ospedale, troviamo sia davvero emblematico.

Esiste un filo rosso che lega tutti i luoghi in cui avete lavorato, luoghi che parlano di fratture d’anima e di corpi, dal Cimitero militare germanico del passo della Futa a Villa Aldini. Qual è secondo voi il rapporto c'è tra arte e cura?

C’è una battuta nella seconda parte dello spettacolo La montagna incantata che recita: “ogni interessamento alla morte e alla malattia non è che è un modo di dimostrare interessamento alla vita”. Crediamo che questa sia una delle frasi più importanti del testo e che rappresenti molto bene il nostro lavoro e il nostro abitare artisticamente questi luoghi, dal passo della Futa al Rizzoli. Pensiamo che nel rapporto tra malattia, morte e vita vi sia un intreccio di fili e significati che ci riguardano: il teatro non può che partire da questo punto per parlare della contemporaneità.

VISTA PARADOX, il nome si rifà alla famosa illusione ottica nota come "effetto cannocchiale" che si percepisce nel corridoio al primo piano del Complesso monumentale di San Michele in Bosco, grazie al quale si ha una vista speciale, paradossale, incredibilmente ingrandita, della celebre Torre degli Asinelli. Perché per questo progetto culturale avete scelto il tema della differente percezione della realtà?

Abbiamo deciso di chiamare così questo nuovo progetto culturale per “avvicinare” gli spazi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli alla cittadinanza.

In continuità con l’esperienza di residenza artistica inosservanza a Villa Aldini, sarà un lavoro culturale incentrato sullo sguardo e sulla parola: una visione della cultura in prospettiva, per accrescere “paradossalmente” la nostra percezione della realtà grazie al teatro, alla lettura, agli incontri.

Pensiamo che l’arte e il teatro in particolare abbiano la possibilità di lavorare sulla percezione, il nostro lavoro sulla voce e sul corpo unito a quello sulla parola conduce le persone del pubblico a una diversa visione e ascolto della realtà, affrontare il paradosso per comprendere il mondo che ci circonda.

Avete detto che questo luogo è "pieno di inganni", ce ne raccontate alcuni? Come li avete sfruttati per le performance che ci aspettano?

Prendiamo come esempio proprio il luogo più emblematico: il corridoio della manica lunga da cui si vede la Torre degli Asinelli in un effetto ravvicinato e che ci ha ispirato il titolo VISTA PARADOX. Nel corso dello spettacolo La montagna incantata c’è una scena in cui Settembrini e Naphta che si contendono la formazione del protagonista Hans Castorp dialogano sui massimi sistemi parlando di malattia, assetto dello stato, terrore, violenza e mentre si affrontano dialetticamente, il pubblico li segue camminando insieme al loro fianco. Questa scena si svolge sempre in movimento e gli spettatori mentre ascoltano le parole di Mann, si avvicinano lentamente ma inesorabilmente verso le vetrate: più si avvicinano più si rendono conto dell’illusione ottica mentre è in corso un crescendo filosofico implacabile.

Questo cortocircuito tra le parole esplose che sulla bocca dei due intellettuali diventano prive di senso e la torre che si allontana sempre più crea uno spaesamento paradossale. Questo inganno è alla base della nostra ricerca e della nostra riflessione civile e artistica.

Dopo il debutto nel 2022 e 2023, al Cimitero militare germanico del passo della Futa, avete deciso di inaugurare la vostra nuova residenza artistica con la messa in scena del capolavoro di Thomas Mann, romanzo paradigmatico e attualissimo sulla malattia e sulla guerra, nel centenario dalla sua pubblicazione (1924-2024). Com'è nata questa scelta e perché?

La scelta di lavorare su La montagna incantata è avvenuta nel corso della pandemia, abbiamo iniziato a rileggere questo incredibile romanzo e piano piano abbiamo maturato l’idea e la necessità di metterlo in scena proprio per le assonanze con il nostro presente.

Il primo luogo nel quale abbiamo immaginato questo lavoro è stato simbolicamente il Cimitero militare germanico del passo della Futa che accoglie i caduti tedeschi della Seconda guerra mondiale, il paradosso è stato mettere in relazione la prima guerra nella quale il romanzo di Mann ci precipita sul finale e creare un legame tra i primi del ‘900 e la nostra contemporaneità.

Quando nel corso dell’inverno abbiamo stipulato la convenzione con l’Istituto Rizzoli uno dei primi pensieri che abbiamo avuto è stato proprio quello di riadattare lo spettacolo per questo luogo, le assonanze e i rimandi sono infiniti.

Il 28 giugno, invece, per celebrare l’anniversario della nascita dell’Istituto Ortopedico Rizzoli (1896) e della Fondazione Istituto Ortopedico Rizzoli (2022) avete scelto Dino Buzzati.
Come si svolgerà la serata?

Invitiamo tutta la cittadinanza a unirsi per festeggiare questo compleanno. La serata inizia alle 18.30. Si potrà mangiare qualcosa all’aperto e poi alle 19.30 parte un’azione teatrale che coinvolge tutti gli attori di archiviozeta composta da parole e musica: un percorso che prende le mosse dal magnifico cedro dell’Himalaya che si staglia imponente nel parco di San Michele in Bosco e attraversa i diversi cortili, una lettura polifonica tratta dal romanzo Il segreto del Bosco vecchio. Un’immersione nel Bosco di Dino Buzzati che è ramificazione del mito ma che racconta anche la minaccia in cui siamo immersi: attraversiamo la foresta abitata da geni, alberi viventi e animali parlanti – bosco sacro – dove affonda le radici l’infanzia dell’umanità, luogo incontaminato su cui incombe il vento della distruzione ma che contiene anche un presentimento d’amore. L’entrata è a offerta libera. Ogni donazione andrà a sostenere i progetti della Fondazione Rizzoli.

A settembre ci aspettano invece altri tre appuntamenti: incipit, un gruppo di lettura il cui filo conduttore è la letteratura scientifica, punti di fuga e officina dei corpi, una serie di eventi divulgativi e performativi.
Qual è la vostra chiave per far dialogare arte e scienza?

Nel 2008 con la messa in scena di Prometeo incatenato al sasso di San Zanobi (passo della Raticosa - FI) avevamo iniziato una riflessione molto profonda sul legame tra l’uomo e la scienza in particolar modo tra l’uomo e la tecnica, cioè tutto ciò che non è natura ma artificio o tecnologia.

Dal Prometeo negli anni successivi questa riflessione è stata portata avanti con un progetto messo in scena negli Osservatori astronomici di Loiano e di Arcetri su Galileo, attraverso gli atti del processo, ma anche su Copernico attraverso le Operette morali di Giacomo Leopardi e uno scritto dal titolo Sul satellite di Italo Calvino. Quel progetto trova ora una sua nuova riformulazione, ancora più approfondita e articolata, all’interno di VISTA PARADOX e di tutti gli appuntamenti che stiamo costruendo per settembre. Crediamo sia fondamentale che l’arte rifletta sul rapporto tra uomo e scienza. 

Giulia Fini, per Bologna Estate