Tatami
(Iran/2023) di Zar Amir-Ebrahimi e Guy Nattiv (102')
Tbilisi, Georgia. Campionati mondiali di Judo. L'iraniana Leile Husseini è in forma straordinaria e batte le avversarie una dopo l'altra. La medaglia d'oro è possibile. Da lontano la seguono il marito e il figlio piccolo, con gli amici di sempre; da vicino, a pochi metri dal tatami, la sostiene Maryam, la sua coach. Ma la possibilità che in finale Leila possa incontrare un'atleta israeliana è sgradita alla Repubblica Islamica. Arriva dunque l'ordine, per lei, di ritirarsi dalla competizione: dovrà fingere un infortunio e abbandonare i mondiali. Oppure trovare il coraggio di prendere una decisione impossibile.
- Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2023, Premio Brian.
“Nel judo la vittoria coincide sempre con un grande tonfo, si tratta del rumore sordo prodotto dal corpo dell’avversario quando sbatte sul tatami, il pavimento tradizionale giapponese dove si svolgono gli incontri. Quando lo si sente non si esulta, si mantiene compostezza, si aspetta che l’avversario si rialzi e si esegue il Rei, tipico inchino della cultura asiatica. Solo dopo aver salutato ci si può scomporre, ma non a tutti è concesso esser felici. Non per colpa del judo, nessuna regola dice qualcosa di simile. C’è chi non può esser felice perché il Paese che rappresenta gli nega il diritto di esserlo, come nel caso di Leila, la Judoka protagonista di Tatami, il film di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi.
Tatami è un film girato in bianco e nero e in formato 4:3. L’assenza di colori non si percepisce nemmeno, e quella cornice quadrata gli dona, ricorda la forma del tappeto che dà il nome al film.
Il tatami è anche il luogo principale in cui si svolge la storia, non si abbandona quasi mai il palazzetto dove si stanno svolgendo i mondiali, ci si sposta qualche volta sul divano dove amici e parenti fanno il tifo per Leila, unico luogo realmente fuoricampo. I cattivi, quelli veri, non si vedono mai: il regime manda in giro i propri scagnozzi senza mai mostrarsi. Eppure è sempre così presente seppur invisibile, è nella preoccupazione di Maryan che la porta a essere impaurita e a volte codarda, ed è nel coraggio che sfodera Leila quando decide di continuare a combattere, trasformando la propria rabbia nel miglior sentimento possibile.
La forza di Tatami sta nella sua attitudine cruda e sincera con cui mostra i fatti così come sono.
Lo sport diventa lo strumento migliore per esprimere una forte critica contro i dettami di un governo folle che distrugge sogni e speranze dei suoi cittadini. Non è forse un caso che sia il judo lo sport scelto come protagonista, una disciplina che pone prima il rispetto in cima alla sua scala di valori.
Tatami è una accusa aperta al governo iraniano e alle sue follie. Viene sconfitto con la potenza comunicativa di un film, bello e raro, che racconta l’ingiustizia, il coraggio e la libertà negata di chi vive in Paesi piagati dalla violenza dei regimi. ”
Andrea Zedda, Vanity Fair Italia