La riffa è il quarto atto di un film ideato nel suo impianto generale da Cesare Zavattini. All’inizio furono preventivate dieci storie boccaccesche, cioè giocose, libere, tipicamente italiane da affidare a dieci registi e da ambientare in altrettante città. Poi però i registi vennero ridotti a quattro: Monicelli (Renzo e Luciana), Fellini (Le tentazioni del dottor Antonio), Visconti (Il lavoro) e appunto De Sica. […] De Sica, dopo l’exploit di La ciociara, torna a far coppia con Sophia Loren, celebrata dalla cinepresa di Otello Martelli nel massimo della sua irruente corporeità, accentuata da un abito rosso che lei porta tutto il tempo. Zoe (Sophia Loren) lavora al tiro a segno di una fiera. Per aiutare due poveri compagni di ventura decide di essere il primo premio di una lotteria, offrendosi di passare la notte con l’acquirente del biglietto vincente. […]
La sceneggiatura di Zavattini tratteggia un ambiente ridanciano ma anche incantato, paradossale: con donne esuberanti e omaccioni vogliosi. Ponendo in relazione (ma anche in dissonanza) il sacro con il profano ma anche l’impulso naturale con le regole della società. Il tutto affondato in una Romagna crassa e festosa, ambientato in una cittadina agricola, Lugo, con un mercato di bestiame pullulante di commercianti, pescatori, contadini, mediatori, villici, già raggiunta dalla febbre del boom economico […].
L’altalena tra i termini contrari fa eco anche nelle oscillazioni verbali del personaggio principale tra il napoletano e le inflessioni settentrionali (il tutto condito con un birignao che non può non essere stato suggerito da De Sica). Anche linguisticamente, Zoe sta in bilico tra un passato preindustriale e un presente in cui la sicurezza è tutto.
Gualtiero De Santi, Vittorio De Sica, Il Castoro, Milano 2003
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