Cultura Bologna
24 ottobre 2015, 21:15 @ Arena del Sole

Ron Carter “Foursight”

Bologna Jazz Festival

Primo concerto della decima edizione del Bologna Jazz Festival 

Ron Carter Foursight
Renee Rosnes, pianoforte
Ron Carter, contrabbasso
Payton Crossley, batteria
Rolando Morales-Matos, percussioni

Un esordio sulle note di una icona del jazz moderno: Ron Carter, che fu il pilastro ritmico del quintetto di Miles Davis nella sua più sensazionale incarnazione, quella degli anni Sessanta, e che da allora ha continuato a bazzicare l'Olimpo del jazz. I Foursight sono la più recente incarnazione di una delle due formazioni con cui Ron Carter da molti anni predilige esibirsi: il quartetto senza fiati, che lascia alle sue dita gran parte del lavoro solistico (l'altro organico 'feticcio' è il trio con chitarra e pianoforte). Ogni esibizione live di questo gruppo andrebbe riascoltata al rallentatore, per apprezzare pienamente la ricchezza di spunti tematici, di trame ritmiche, di citazioni che si intrecciano come in un vasto affresco. I dettagli hanno una densità tropicale, resa quasi impercettibile dalla finezza esecutiva che conferisce alla musica una grande ariosità.
Detto ciò, presentare Ron Carter è sin troppo facile, dato che siamo di fronte a uno dei massimi contrabbassisti della storia del jazz moderno. Nato a Ferndale (Missouri) il 4 maggio 1937, Ronald Levin Carter iniziò lo studio del violoncello all'età di dieci anni. Dovette però abbandonare questo strumento nel 1954, cedendo alle pressioni razziali dell'ambiente filarmonico. Passò al contrabbasso e, dal 1959, prese la via del jazz a scapito della musica classica. In fondo, questa fu la sua fortuna. Dopo le prime, e già cospicue, collaborazioni (Chico Hamilton, Eric Dolphy, Randy Weston, Thelonious Monk, Cannonball Adderley…), nel 1963 Carter entrò a far parte del quintetto di Miles Davis e, con esso, di una delle pagine più memorabili della storia del jazz: gli altri membri della band erano Herbie Hancock, Tony Williams e Wayne Shorter. Carter rimase con Davis fino al 1968, incidendo album epocali come Seven Steps to Heaven, My Funny Valentine, E.S.P., Miles Smiles, Nefertiti, Miles in the Sky e Filles de Kilimanjaro. Durante questo periodo, Carter divenne il contrabbassista più richiesto della scena jazz, nonché quello più registrato della storia, con oltre mille (alcuni sostengono quasi duemila) dischi a suo credito: con Wes Montgomery, Aretha Franklin, Sonny Rollins, McCoy Tyner, Cedar Walton, Jim Hall…
Dal 1972 in poi Carter ha lavorato frequentemente con formazioni proprie, sperimentando soluzioni ritmico-melodiche e sonorità fuori dal comune. Pur avendo guidato anche delle big band, Carter ha manifestato una predilezione per i piccoli gruppi, nei quali il contrabbasso può assurgere al ruolo di protagonista in situazioni espressive raffinate e cameristiche.
A chiedergli di Miles Davis, Carter ha per molti anni, semplicemente, taciuto. Ora invece dedica un intero concerto alla sua memoria e alle sue musiche: sublime gesto di chi è talmente grande da non temere l'inevitabile confronto con un tanto ingombrante ex leader.