Palazzina Laf
(Italia/2022) di Michele Riondino (99')
Caterino, uomo semplice e burbero, è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto nel 1997. Vive in una masseria, caduta in disgrazia per la troppa vicinanza alle fabbriche, e condivide con la giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi esclusivamente alla ricerca di scuse per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove vengono spediti per punizione i dipendenti riottosi. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento.
- David di Donatello 2024 a Michele Riondino per miglior attore protagonista;
- David di Donatello 2024 a Elio Germano per miglior attore non protagonista;
- David di Donatello 2024 a Diodato per migliore canzone originale (La mia terra);
- Ciak d’oro 2023 a Michele Riondino per miglior regista esordiente;
- Ciak d’oro 2023 a Michele Riondino per miglior attore protagonista;
- Ciak d’oro 2023 a Diodato per miglior canzone originale (La mia terra).
“Un film che racconta in modo diretto l’assenza di una rete fuori dalla fabbrica. Che pone, senza andare mai sopra le righe, la questione del lavoro dentro una società che dimentica la vita degli altri, di chi in fabbrica muore per mancanza di sicurezza o è punito per essersi opposto, per aver cercato una via migliore per tutti.
La Palazzina Laf del titolo è un edificio fatiscente, invisibile, controllato da guardie asservite, dove operai e tecnici sono reclusi fino a quando non si piegheranno alla volontà dei padroni. Chi non accetta la cosiddetta ristrutturazione, la riconversione, è condannato all’esilio, al confino dentro l’ILVA, nella Palazzina Laf, appunto. Nei corridoi e nelle stanze solo donne e uomini da ridurre a corpi senza intelletto, ridotti a giocare con una palla di carta.
Solo Caterino non si rende conto della situazione. Pensa che quel luogo sia un paradiso dove è stata abolita la fatica. Sarà solo questione di tempo. Anche lui, farà le sue esperienze, si avvicinerà all’orrore di esistenze condannate al silenzio e all’inazione.
E così dopo Paola Cortellesi, anche Riondino sceglie la via della regia per incitare a osservare criticamente un presente radicato in un orribile passato.”
Mazzino Montinari, Il manifesto