copertina di La ragazza con la valigia
8 agosto 2023, 21:30 @ Piazza Maggiore

La ragazza con la valigia

(Italia-Francia/1961) di Valerio Zurlini (113')

Regia: Valerio Zurlini. Sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Enrico Medioli, Giuseppe Patroni Griffi, Valerio Zurlini. Fotografia: Tino Santoni. Montaggio: Mario Serandrei. Scenografia: Flavio Mogherini. Musica: Mario Nascimbene. Interpreti: Claudia Cardinale (Aida), Jacques Perrin (Lorenzo), Romolo Valli (don Pietro), Riccardo Garrone (Romolo), Gian Maria Volonté (Piero), Corrado Pani (Marcello), Luciana Angiolillo (zia Marta), Renato Baldini (Francia). Produzione: Maurizio Lodi-Fé per Titanus/SGC. Durata: 113’

 

Non potrei dire cosa mi diede l’idea per La ragazza con la valigia. Probabilmente una vecchia casa di famiglia non più nostra; un certo tipo di educazione della quale evidentemente anche io sono parte, sono frutto; il gusto del paradosso; tante ragazzette che avevo incontrato nell’ambiente del cinema mentre cercavano di sfondare e di prendersi una piccolissima fetta della torta della vita; e poi un lontano incontro. Per il ruolo maschile mi rifeci a me, ai miei sedici-diciassette anni, ma senza nulla di autobiografico; per quello di Aida, invece, a un incontro che davvero avevo avuto a Milano tanti anni prima – doveva essere intorno al 1948 o 1949 – quando mi ci ero recato per girare un picco- lo film pubblicitario per una marca d’automobili e c’era una ragazza che allora faceva la mannequin e poi è diventata abbastanza famosa. Parlammo tanto, e mi raccontava le piccole cose della sua vita. [...] Due personaggi diversissimi, due tipi molto diversi di solitudine, ma un cocktail riuscito, credo, pieno di calore, nato istintivamente. [...] Scelsi la Cardinale perché era buffa, era curiosa, era ingenua, era alle prime armi e io adoro lavorare con le persone alle prime armi, che hanno qualcosa dentro che ancora non è venuto alla luce.

Valerio Zurlini

C’era un’onesta scena al ristorante della stazione dove io, cioè Aida, che del film è la protagonista, dovevo mangiare degli spaghetti e in- tanto piangere. Confidavo al ragazzo che avevo un bambino, e intanto ero affamata e addolorata. Nessuno lo sapeva, ma quel personaggio mi riguardava talmente da vicino che scoppiai davvero in lacrime. Zurlini mi disse che ero stata brava perché si trattava di una scena molto delicata. Fu quella la prima volta in cui mi parve di poter diventare davvero un’attrice. [...] Dopo le riprese, alcuni riescono a cambiare pelle con la stessa facilità con la quale si cambia costume. Non sono coinvolti da ciò che hanno appena vissuto. Non era più il mio caso. Dopo una lunga e intensa concentrazione, non avevo soltanto bisogno di cenare in fretta e coricarmi, per non perdere il filo e rimanere nell’atmosfera delle riprese, avevo bisogno, come un sommozzatore, di passare attraverso una camera di decompressione. Non potevo risalire di colpo in superficie. Per due mesi, l’esperienza tragica di Aida mi è rimasta addosso. E quell’impressione dolorosa è durata ancora a lungo, dopo la fine delle riprese, al punto che mi sono rifugiata con tutta la famiglia in una casa che avevo affittato in aperta campagna. [...] Gli alberi e il cielo, il mare, la terra, le stelle, mi sembravano il più bello spettacolo che ci regala l’universo. Zurlini aveva ragione a chiamarmi “Lumumba”, in nome delle mie ‘radici africane’. All’infuori di lui, nessun altro lo capiva. Ero nata in una terra dalla quale avevo attinto la mia forza, ed essa rimaneva attaccata alle suole delle innumerevoli scarpette che facevano tanto sognare le mie ammiratrici.

Claudia Cardinale