copertina di Adagio
2 luglio 2024, 21:45 @ Arena Puccini

Adagio

(Italia/2023) di Stefano Sollima (127')

Dopo la morte della mamma, il sedicenne Manuel vive con un padre anziano dal passato criminale, che lo vedeva celebre con il nome di Daytona, ma che ora sembra non starci più con la testa. A sua insaputa, il ragazzo viene ricattato da un gruppo di carabinieri corrotti per una storia di festini dalle ramificazioni politiche ben più grandi di lui. Nel tentativo di divincolarsi dal ricatto, Manuel si rivolge a un ex-compare del padre, Polniuman, che promette di fare da intermediario con il carabiniere Vasco, il quale però non può permettersi di perdere i soldi che gli erano stati promessi.

  • David di Donatello 2024 a Subsonica per miglior colonna sonora.

“È un film di genere, ma non d’azione, se non nel pretesto iniziale. È invece un noir alla Olivier Marchal, quasi un polàr che gioca a fare il Caligari .
È perfetto esteticamente, stilisticamente, a livello d’interpretazione, questo lungometraggio: tutti sono tecnicamente ineccepibili, potentissimi nelle loro singole prove – regista e attori – e ti lascia lì, a seguire una notte cupa e implacabile, a seguire storie epiche con un controllo delle emozioni, quelle sì in sottrazione, in totale distonia rispetto al passato sollimiano, in cui l’empatia verso i personaggi, il male, la loro sorte era altissima, quasi incontrollabile.
Ecco, Adagio, sin dalla scelta elegante del titolo, non brutale e frontale, non ti lascia comodo, non ti trascina, pretende che lo accompagni in una storia che mette alla prova tutti gli stilemi del genere.
Il concetto di famiglia criminale, decisamente più calzante sui veri cattivi-cinici del racconto, i poliziotti; la parabola della violenza, che va controcorrente rispetto al solito e che nel corpo centrale tira in ballo il (melo)dramma shakespeariano di ognuno dei protagonisti, rinfoderando o quasi pistole, pugni e simili.
Si diverte il regista a giocare con gli archetipi che lui stesso ha messo in campo nei primi due capitoli della trilogia su Roma e che Adagio chiude, a partire dal motore che muove Manuel (Gianmarco Franchini), che poco a che fare con il desiderio di affermarsi, con l’ambizione di comandare che c’è nei film precedenti, ma che rappresenta una battaglia contro il soffocante sistema di regole con cui una generazione già morta vuole uccidere in culla i propri eredi (e anche per questo la scena finale è potentissima).”

Boris Sollazzo, The Hollywood Reporter Roma