Album "Il nome della rosa"
In questa gallery raccogliamo documenti di varia natura che illustrano la genesi e la successiva vita editoriale del romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco, che fanno riferimento agli eventi e ai temi trattati nell’opera o che possono avere fornito una base informativa per l’autore. Riguardo a questo punto dobbiamo mettere le mani avanti (come non abbiamo mai fatto per gli altri libri letti dal Gruppo di lettura) per denunciare fin da ora che in alcune occasioni - sempre dichiarate - ci siamo divertiti ad azzardare e a proporre ipotesi che non hanno nessuna pretesa di essere dimostrate o dimostrabili. Ma se si fa una rassegna anche minima dei numerosi saggi o articoli dedicati al romanzo ci si accorge che gli stessi critici di professione hanno spesso azzardato e suggerito ipotesi poco fondate sulle fonti di Eco, tanto che lui stesso - lo vedremo - ha in alcuni casi dovuto stupirsi di quanto leggeva e, se lo riteneva necessario, rettificare. Dunque questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione del testo letterario (quando abbiamo presentato un’interpretazione critica è perché altri l’avevano già proposta e ci sembrava utile discuterne). Questo è il resoconto di un’esperienza di lettura, che si prende la libertà di azzardare un gioco - quello della ricerca di fonti, citazioni, allusioni - che è d’altra parte ben giustificato e anzi incoraggiato sia dall’Eco Autore Empirico che dall’Eco Autore Modello (riprendiamo una terminologia ben diffusa e presete in un saggio che incontreremo spesso, Interpretazione e sovrainterpretazione). Per noi bibliotecari-lettori un invito a nozze che non potevamo rifiutare.
Dove non diversamente specificato, l’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1980. La paginazione è rimasta inalterata nelle numerose ristampe Bompiani che non facciano parte di una specifica collana, comprese quelle a cui sono state aggiunte le Postille a Il nome della rosa (nella gallery forniremo maggiori informazioni sulla vita editoriale del testo).
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.
Antonio Riccoboni, Ex Aristotele Ars comica (1585)
L’ipotesi che Aristotele avesse scritto un secondo libro della Poetica è stata nei secoli medioevali e rinascimentali ritenuta tanto valida che alcuni si sono addirittura azzardati a ricostruire questo testo. Come fa lo stesso Guglielmo nel romanzo, hanno ricostruito il testo dagli indizi raccolti in altri documenti.
Antonio Riccoboni, umanista e storico veneto, professore all’Università di Padova, in appendice ad alcune traduzioni di opere aristoteliche colloca una sua ricostruzione del libro dedicato alla commedia e al comico. In un’edizione del 1579 che contiene la traduzione di diverse opere, non solo aristoteliche, questo suo lavoro è preceduto da una lettera dedicatoria che ne spiega le ragioni. In questa immagine vediamo invece la prima pagina della sua Ars comica ex Aristotele come si presenta in appendice a una traduzione (con commento) della sola Poetica pubblicata nel 1585. In Interpretazione e sovrainterpretazione (p. 102-105) Eco racconta una storia sorprendente e curiosa relativa all’opera di ricostruzione di Riccoboni. L’anno successivo alla pubblicazione del suo primo romanzo gli capitò di riprendere in mano per caso («mentre rovistavo tra gli scaffali più alti della mia biblioteca», ivi, p. 103) un volume che possedeva da tempo ma di cui aveva dimenticato l’esistenza: la seconda edizione della traduzione della Poetica fatta da Riccoboni, pubblicata a Padova nel 1587. Descrivendo il volume alla maniera dei collezionisti di libri antichi Eco si accorse non solo che quel volume conteneva l’appendice in cui il commentatore ricostruiva l’ipotetico libro aristotelico sul comico, ma che le condizioni fisiche del volume che teneva in mano erano del tutto uguali a quelle che lui aveva assegnato al manoscritto perduto nel suo romanzo. La parte sul comico era - nel reale volume cinquecentesco come nel manoscritto fittizio - molto più rovinata, con margini compromessi, «pagine sempre più arrossate e macchiate di umidità, e alla fine appiccicate tra loro e con l’aspetto di carte che fossero state spalmate di una sostanza grassa. Avevo tra le mie mani, in una versione a stampa, il manoscritto di cui avevo parlato nel mio romanzo. Per anni e anni, senza saperlo, lo avevo avuto lì, a casa mia» (ivi, p. 104).
Che il racconto di Eco sia del tutto veritiero o anche solo in parte manipolato per servire al meglio il discorso che sta affrontando in quel saggio è poco importante. La storia è così bella che sarebbe perfetta per chiudere questa nostra ricerca. Purtroppo però l’Archiginnasio ha solo questa edizione vicentina datata 1585. Che è la prima edizione dell’opera di Riccoboni, non esattamente quella che Eco si ritrova fra le mani. Chi possiede l’edizione del 1587?, ci siamo chiesti. La risposta nella prossima immagine.
Poetica Antonii Riccoboni I. C. humanitatis in Patauino gymnasio explicatoris, Poeticam Aristotelis per paraphrasim explicans, & nonnullas Ludouici Casteluetrij captiones refellens. Eiusdem ex Aristotele Ars comica, Vicenza, apud Perinum bibliopolam, & Georgium Graecum socios, 1585.