Liscio, Filuzzi e clubbing
La tradizione, la ricerca, l’innovazione nei suoni e negli spazi
Estasiate, le calzature osservavano i passi scivolati delle belle scarpe nere, per restare poi senza fiato quando cominciavano a girare velocemente sul finire del brano. Fu guardando quell’esibizione che molte scarpe persero la suola o i tacchi dall’emozione. Non furono pochi i bolognesi che quella notte tornarono a casa scalzi, per colpa delle loro calzature che avevano perso la testa, i lacci e anche i chiodi per le magiche gemelle nere. Dopo l’entusiasmante esibizione di ballo, la comunità delle scarpe non parlava d’altro che del calzolaio vestito da donna con le magiche gemelle nere ai piedi. Gli stivali, gli scarponi e persino i sandali abbandonarono la clausura perché volevano conoscere e vedere le belle scarpe nere ballare. La città sembrava impazzita e sull’onda di quel successo il calzolaio fu costretto a danzare persino in teatro, per esaudire il desiderio di tutti gli appassionati di ballo alla Filuzzi e delle loro calzature, che si beavano di quella musica allegra.
(da: Luigi Monfredini, Frulli. Marcheselli e il mondo della Filuzzi, da un'idea di Paolo Marcheselli, Bologna, Pendragon, 2005, p.12)
La Filuzzi accompagna Bologna nel corso del Novecento.
La città e la provincia sono disseminate di sale che offrono opzioni per tutti i gusti e le preferenze. I generi si contaminano così come i musicisti, la musica e il ballo si intrecciano e si sostengono l’una con l’altro.
Si balla nei rioni, nelle aie, nei cortili, nelle balere, nelle sale da ballo. Si balla nel centro storico, in collina, nei circoli professionali, nelle case del popolo, fuori dalle mura in tutte le zone della città: a Pescarola, Borgo Panigale, al Pontelungo, alla Bolognina, a San Donato, a Santa Viola.
I nomi delle sale hanno caratteri fantasiosi: Cigno bianco, Drago verde, Florida, Gatto nero, Quarto di luna, Re di quadri, Vallereno e tanti altri.
Al Pratello all’inizio del Novecento c’è Anzléin la Pgnàta, soprannominato così perché, piccolo di statura, quando appoggia le mani ai fianchi le braccia ricordano i manici di una pignatta. Angelo Lamma, questo il suo vero nome, balla la Polka a Chinéin. Sono gli stessi anni in cui il liutaio Ettore Biagi, allievo dell’artigiano romagnolo Farinon di Lugo, comincia a costruire organetti. Nasce l'organetto bolognese, strumento per eccellenza della Filuzzi.
La Filuzzi porta con sé un mondo che non è possibile qui raccontare in tutti i suoi aspetti ma in cui vi invitiamo ad immergervi, attraverso le parole di Carlo Pelagalli.
La diffusione capillare dei luoghi della musica e del ballo è una caratteristica di lunga durata della vita sociale cittadina ma anche regionale.
I dancing in Emilia, infatti, non sono da meno, come testimoniano le gonne di due ballerine che si fondono in un’unica grande ruota nel lavoro del fotografo Gabriele Basilico.
La grande partecipazione alla serata del 14 agosto 2022 in Piazza Maggiore in omaggio a Dino Sarti e Leonildo Marcheselli, il maestro che ha portato la musica filuzziana alle più alte espressioni, testimonia che il genere è tutt’altro che dimenticato.
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Bologna Fotografata - Filuzzi
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Bologna, città della musica - Popular music a Bologna
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Bologna, città della musica - Dal 1945 al 1950: Musica, rinascita e ricostruzione culturale
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Bologna, città della musica - Dal 1951 al 1960: L’influenza dello swing
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Liscio bolognese
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Biblioteca dell'Archiginnasio - Fondi nel web - Fondo Leonildo Marcheselli
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Wikipedia - Il Liscio