La Palestina è una questione femminista
presentazione del libro | Festival La Violenza Illustrata: Radicate nel futuro
«Siamo le donne stuprate che sono sopravvissute per sostenere e amare le proprie sorelle. Siamo le giovani che ridono in faccia al patriarcato, smantellando le sue istituzioni, elevandosi al di sopra del suo arcaico pensiero binario. E siamo i ragazzini che lanciano pietre contro i carri armati, perché quelle piccole pietre contengono l’insopprimibile desiderio di mettere fine a questa soffocante oppressione».
Presentazione del libro La Palestina è una questione femminista di Nada Elia, Alegre 2024.
Intervengono
Federica Stagni, Ricercatrice Scuola Normale Superiore
Ghadir Maher, Dottoranda Scuola Normale Superiore
Sara Visintin, DIS-Donne in strada
Evento promosso da Casa delle donne di Bologna, Libreria delle Donne di Bologna e Biblioteca Amilcar Cabral in collaborazione con Women with Gaza e Non una di meno Bologna nell'ambito del Festival La Violenza Illustrata XIX ed. - Radicate nel futuro
Le donne palestinesi raramente vengono poste al centro dei dibattiti sulla Palestina, in genere interpretata attraverso una lente maschile e, spesso, militarizzata. Così come spesso sono escluse dai dibattiti del femminismo occidentale mainstream. Nada Elia, con questo libro pieno di rabbia, amore e speranza, cambia il consueto punto di vista sul conflitto mediorientale mettendo al centro della sua analisi intersezionale l’attivismo delle donne palestinesi, e dimostrando che nessuna visione della resistenza può dirsi completa se non dedica ampio spazio al loro contributo. Le donne palestinesi, del resto, sono un bersaglio chiave di Israele fin dalla Nakba del 1948: uccise, stuprate, obbligate a partorire sotto il controllo medico israeliano, denutrite, costrette a vedere i propri figli e figlie morire sotto le bombe, nelle camere di tortura o negli ospedali. Sono un bersaglio chiave perché quello sionista non è solo un regime di apartheid ma è un progetto coloniale d’insendiamento. E quest’ultimo, per sua natura, deve assoggettare le donne colonizzate in quanto portatrici del passato (la tradizione) e del futuro (la riproduzione biologica) del loro popolo.
Oggi il pinkwashing fa parte della propaganda che presenta Israele come un’oasi di libertà e democrazia all’interno di una regione arretrata e omofoba. Ma nella realtà il colonialismo è sempre sessualmente violento. E la militarizzazione della società intensifica la matrice patriarcale delle comunità palestinesi così come normalizza la violenza in quelle israeliane, arrivando fin dentro le mura domestiche. È giusto allora, porre la questione femminista al centro dell’analisi dell’occupazione coloniale della Palestina. Perché, come dicono i collettivi femministi palestinesi, «non ci può essere una terra libera senza donne libere».
Nada Elia è una scrittrice palestinese della diaspora, attivista e professoressa universitaria di Global and Gender studies negli Stati uniti. È autrice tra l’altro di Trances, Dances, and Vociferations: Agency and Resistance in Africana Women’s Narratives (Routledge, 2000) e di Palestine: A Socialist Introduction (Haymarket, 2020). Fa parte del Palestinian Feminist Collective.