3 luglio 2014, 21:45 @ Piazza Maggiore

La signora di Shangai

(USA/1947) un film di O. Welles (87')

Lingua originale con sottotitoli

Introduce Grover Crisp (Sony Columbia)
 

"Welles si ritrovò di nuovo a Hollywood, dove il suo progetto per un piccolo film anticonformista fu trasformato in una grossa produzione incentrata su Rita Hayworth. Il film che ne risultò (ori ginariamente intitolato Take This Wo man e poi Black Irish) racconta di come Michael O'Hara (Welles), un ingenuo vagabondo, venga sedotto dal fascino della ricca Elsa Bannister (Hayworth), diventando dapprima un gigolò e poi suo malgrado complice di un omicidio. Dal momento in cui O'Hara si lega a questo gruppo di disonesti, il film diventa sempre più sulfureo e delirante; dalla fantastica scena d'amore con Rita Hayworth all'acquario di San Francisco fino al magico labirinto degli specchi della scena finale, il mondo attorno a lui diventa sempre più assurdo, senza alcuno spiraglio [...]. Rimontato in modo radicalmente diverso dopo i risultati della seconda anteprima, The Lady from Shanghai dovette attendere a lungo prima di venire distribuito. [...] Per quanto possa sembrare paradossale, si ha l'impressione che tutti gli interventi della Columbia sul film non siano poi stati distruttivi come le revisioni di L'orgoglio degli Amberson a opera della RKO. La ragione è che The Lady from Shanghai è caratterizzato da una sorta di ispirata vacuità, da una stilizzazione grottesca mente comica librata al di là dell'e spressionismo e verso l'assurdo. [...] In effetti si potrebbe sostenere che l'opera di Welles durante questo periodo aveva iniziato a spostarsi sempre più dal reale all'immaginario, dal conscio al subconscio, dagli angiporti ai luna park. Il suo stile, con le sue distorsioni fantastiche, il suo complesso gioco di luci e di ombre, i suoi molteplici livelli d'azione, si era sempre prestato molto bene a descrivere la corruzione e la pazzia. Ma The Lady from Shanghai, probabilmente per pura necessità, esalta e sublima all'eccesso le caratteristiche di questo stile, mescolandolo a un massimo di convenzione hollywoodiana, e in questo senso diventa uno dei film più scatenati e ipercinetici di Welles, e il più violento e sprezzante nella visione della società americana."

James Naremore, Orson Welles, ovvero la magia del cinema, Marsilio, Venezia 1993