I documentari del Po
Presentazione di alcuni film restaurati nell'ambito del progetto per la creazione di un Centro di Documentazione Cinematografica del Delta
In una regione ricca di cinema come l'Emilia Romagna, il paesaggio inconfondibile del Delta del Po è stato teatro di un nutrito numero di ottimi film: da Paisà di Rossellini al La donna del fiume di Soldati, da Il grido e Al di là delle nuvole di Antonioni a La neve nel bicchiere di Vancini, da L'Agnese va a morire di Montaldo a La casa dalle finestre che ridono di Avati, solo per citarne alcuni.
Ma è soprattutto nel documentario che il territorio del Delta è stato indagato e attraversato in tutta la sua complessità: tra fascino naturalistico e violenza degli elementi, lirismo del lavoro e disperazione della miseria, bonifica agricola e alfabetizzazione dei contadini... La Cineteca di Bologna, nell'ambito di un progetto dell'Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità - Delta del Po, volto alla creazione di un Centro di Documentazione Cinematografica del Delta, ha portato a termine il restauro digitale di circa trenta documentari realizzati nell'area, coprendo un arco temporale che va dal 1942 al 1982.
Un corpus di opere che permette di osservare i profondi mutamenti che il Delta ha conosciuto in quarant'anni cruciali. Cominciando con Comacchio di Francesco Cerchio, girato all'inizio degli anni '40, che con asciutta precisione e mirabile senso compositivo ripercorre la cultura locale dell'anguilla. Proseguendo con Alluvione (1949), uno dei primissimi lavori del giovane Florestano Vancini, realizzato in coppia con Adolfo Baruffi, che documenta in presa diretta gli effetti devastanti dell'esondazione del fiume. Una piccola gemma, dedicata ai fiocinatori di frodo, è anche Paludi (1960) di Aglauco Casadio, regista che un paio di anni prima già aveva girato nel Delta Un ettaro di cielo, lungometraggio tra neorealismo e surrealismo con Marcello Mastroianni e Rosanna Schiaffino che meriterebbe maggiore considerazione. Quando il Po è dolce di Renzo Renzi, realizzato in collaborazione tra gli altri con Enzo Biagi e Sergio Zavoli nel 1952, per la lucidità dell'analisi e la forza delle immagini può a buona ragione già essere considerato un classico del documentario italiano.