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Album "Il nome della rosa"
In questa gallery raccogliamo documenti di varia natura che illustrano la genesi e la successiva vita editoriale del romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco, che fanno riferimento agli eventi e ai temi trattati nell’opera o che possono avere fornito una base informativa per l’autore. Riguardo a questo punto dobbiamo mettere le mani avanti (come non abbiamo mai fatto per gli altri libri letti dal Gruppo di lettura) per denunciare fin da ora che in alcune occasioni - sempre dichiarate - ci siamo divertiti ad azzardare e a proporre ipotesi che non hanno nessuna pretesa di essere dimostrate o dimostrabili. Ma se si fa una rassegna anche minima dei numerosi saggi o articoli dedicati al romanzo ci si accorge che gli stessi critici di professione hanno spesso azzardato e suggerito ipotesi poco fondate sulle fonti di Eco, tanto che lui stesso - lo vedremo - ha in alcuni casi dovuto stupirsi di quanto leggeva e, se lo riteneva necessario, rettificare. Dunque questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione del testo letterario (quando abbiamo presentato un’interpretazione critica è perché altri l’avevano già proposta e ci sembrava utile discuterne). Questo è il resoconto di un’esperienza di lettura, che si prende la libertà di azzardare un gioco - quello della ricerca di fonti, citazioni, allusioni - che è d’altra parte ben giustificato e anzi incoraggiato sia dall’Eco Autore Empirico che dall’Eco Autore Modello (riprendiamo una terminologia ben diffusa e presente in un saggio che incontreremo spesso, Interpretazione e sovrainterpretazione). Per noi bibliotecari-lettori un invito a nozze che non potevamo rifiutare.
Dove non diversamente specificato, l’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1980. La paginazione è rimasta inalterata nelle numerose ristampe Bompiani che non facciano parte di una specifica collana, comprese quelle a cui sono state aggiunte le Postille a Il nome della rosa (nella gallery forniremo maggiori informazioni sulla vita editoriale del testo).
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.
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John Baskerville
John Baskerville, che vediamo qui ritratto nell’antiporta di un libro a lui dedicato, era un tipografo inglese del Settecento. Il fatto che Cesari nel suo articolo lo citi come fonte di ispirazione per «una buona metà del nome del protagonista» - l’altra metà, Guglielmo, è inquivocabilmente un richiamo a Guglielmo da Occam, che del protagonista è amico e modello - non ci sembra un peccato di sovrainterpretazione, al di là del fatto che Eco avesse pensato o meno a questa possibilità. Come spiega più approfonditamente Cesari infatti Il nome della rosa è un libro che parla di libri non solo in senso citazionisitico, ma perché si occupa dell’importanza della realizzazione materiale della pagina tipografica. E in particolare sottolinea che è possibile realizzare un «bel libro per mezzo della pura e semplice tipografia» che continui in senso più terreno il virtuosismo calligrafico dei monaci copisti che era «eterna ripetizione della Scrittura divina». Queste erano le intenzioni di John Baskerville che, come dice il titolo del libro qui presentato, era non solo tipografo ma anche “fonditore di caratteri”, alla ricerca della bellezza materiale della scrittura. Ancora oggi il suo cognome richiama alla mente di ogni utilizzatore di scrittura su PC alcuni font comunemente in uso in ambito informatico. Si veda, a solo titolo di esempio, un campione dei caratteri realizzati e utilizzati da Baskervile, riprodotto in John Baskerville. A bibliography di Philip Gaskell.
Aggiungiamo, se necessario, che l’interpretazione arriva da quel Severino Cesari che, nei 40 anni successivi a questo suo articolo, realizzerà alcuni dei prodotti più innovativi del panorama editoriale mainstream, anche dal punto di vista della composizione grafica e tipografica.
Rubiamo ancora qualche parola a Cesari che accenna anche al nome del compagno di Guglielmo, «il novizio Adso (vedere il latino adsum, come dire ci sono, son qui [...])». Una lettura che ci pare significativa - a costo di essere tacciati di sovrainterpretazione da Eco - per un romanzo il cui titolo rimanda invece, lo abbiamo appena visto, all’artificio retorico dell’Ubi sunt?. Il giovane, piccolo Adso, personaggio comune di una storia minore, afferma la sua presenza, il suo esserci, in contrasto al vuoto lasciato dal decadere delle glorie terrene di tanti personaggi celebrati ma dei quali rimane solo il nome.
Josiah Henry Benton, John Baskerville, type-founder and printer. 1706-1775, rist. anast. dell’ed. 1914, New York, Franklin, 1968.